Televisione e giornali sono diventati un mostruoso
accumulatore di notizie e approfondimenti sulle peggiori vicende dell’essere
umano. Si presentano storie terribili, genocidi, tagliagole, omicidi, suicidi, vittime
picchiate o scomparse,.
Apro ora l’home page di un quotidiano locale: ci sono due
fidanzati uccisi per vendetta, una bimba di 4 anni molestata dal padre, un’anziana
signora alla quale sono state fratturate le dita per rubarle gli anelli, un
conflitto a fuoco per rapina, una donna morta dopo un’operazione per dimagrire,
un giostraio bastonato, una sedicenne costretta a prostituirsi a politici e
imprenditori, due giovani uccisi da pirati della strada, un quindicenne suicida,
la badante che raggira un anziano cieco, due missionarie uccise, un lavoratore
ucciso dal titolare dell’azienda. E questa è solo cronaca. Non apro siti di approfondimento
politico o economico perché non voglio farmi venire l’ansia proprio ora che me
ne sono liberato.
Eppure queste sono le notizie che fanno crescere i click. Le
trasmissioni che analizzano delitti e misfatti in prima serata sono quelle che
tengono lo spettatore incollato allo schermo, che poi animano le discussioni al
bar.
Mi chiedo perché.
Cosa c’è di tanto bello nell’infliggersi il male?
Ciò che vediamo e ciò che leggiamo sono stimoli che il
nostro cervello acquisisce e trasforma in sensazioni ed emozioni. Dunque a che
scopo acquisire stimoli negativi? Perché far proprie atrocità altrui quando dovremmo invece tendere alla felicità?
Non sarebbe più logico cercare buone notizie e parlare di cose belle?
Stessa cosa per le informazioni economiche, politiche e di
geopolitica. La vita di tutti i giorni non ci dà già delle preoccupazioni? Il
conto corrente sempre più magro, la bolletta che cresce, la scuola che non ha
risorse… da comune cittadino sono cose che tocco e che mi preoccupano, perché dovrei
anche conoscere le sfighe altrui?
La politica ruba risorse al paese. Lo so. Lo vedo. Non serve
che io sappia quanto e chi.
Perché sapere mi fa stare peggio.
L’altro giorno mi han chiesto se ho visto il servizio delle
Iene sull’Isis. No, non l’ho visto e non lo voglio vedere. Preferisco restare
ignorante.
L’ignoranza mi protegge.
L’ignoranza protegge fintanto che gli argomenti non toccano
da vicino, e fintanto che il singolo non può far niente per cambiare le cose, o
fintanto che il singolo non decide di partecipare a movimenti collettivi.
Se dovesse toccarmi una tragedia allora affronterei tutto
con la massima energia, se potessi risolvere il problema delle pensioni
insufficienti allora studierei tutti i casi possibili, se avessi anche la
minima possibilità di fermare il fanatismo religioso che degrada in violenza mi informerei e lo farei, se mi trovassi davanti un politico corrotto e potessi obbligarlo a
restituire il maltolto lo farei. E così via.
Ma se tutto ciò è al di fuori delle mie possibilità d’azione
perché devo interiorizzarlo?
Non si tratta di voler nascondere la testa sotto la sabbia
come gli struzzi, semplicemente si tratta di selezionare gli stimoli esterni per
salvaguardare quelli interni, di canalizzare le energie alla ricerca del
benessere e della serenità.
Ovviamente la sensibilità è soggettiva.
Io preferisco non vedere i film horror perché mi fanno
paura. La paura mi provoca brutte sensazioni, un senso di malessere. Già ho
paura se mi capita di aver paura, perché dovrei cercare di aver paura
guardando un film?
Non biasimo i produttori televisivi o i giornalisti, ma gli
spettatori e i lettori. E’ una questione di domanda e offerta: se nessuno
guardasse i film di paura che senso avrebbe produrli?
Insomma, proprio non capisco questa diffusa ricerca del
brutto, del cattivo, del male.
E non trovo chi me la spiega.