lunedì 21 settembre 2015

Comprendere il presente.

Si dice che per comprendere il presente sia necessario conoscere il passato. Vero, ma non esaustivo. 
Cosa succede? Perché certi fatti accadono? Cosa li stimola? C’è un nesso di causalità tra un evento e un altro? Qual è il disegno complessivo? 
Ci deve pur essere un metodo scientifico il cui risultato sia la giusta interpretazione di un evento attuale, o di una serie di eventi contemporanei o in successione nel breve periodo.
Il metodo di comprensione del presente consentirebbe di indirizzare azioni conseguenti verso una popolazione ristretta di ciò che attualmente è ogni possibile futuro. Si tratta quindi di porre limiti all’incertezza per dirigersi verso la miglior combinazione di eventi. Combinazione, però, soggettiva e pertanto atta ad influenzare e ad essere a sua volta influenzata dalla miglior combinazione di altri.
Quindi per avere un senso il metodo di comprensione del presente dovrebbe essere integrato con un metodo previsionale per il ristretto gruppo di possibili futuri. 
Il metodo. Quale arma più potente?
Qualcuno lo ha? Barbanera non crede.
Cerca.

Immagine estratta da: D. P. Rideout and R. D. Sorkin. Aclassical sequential growth dynamics for causal sets. Phys. Rev., D61:024002, 2000.

martedì 5 maggio 2015

La barba

Barbanera ha la barba.
L’ha sempre avuta.
A 13 anni ha tagliato il baffo. Non c’erano altri tredicenni con un baffo come il suo.
A 16 anni faceva pelo e contropelo. Non c’erano altri sedicenni con una barba come la sua.
La barba, in un mondo di glabri, era un fardello ingombrante. Ha provato persino ad usare sul viso una crema depilatoria! Per essere più liscio più a lungo.
(per inciso, NON FATELO! Una parte di peli si scioglie, il resto diventa talmente debole che si piega al passaggio della lametta. Il risultato è un’orribile puzzle di pelo asfissiato e chiazze rosse.)
A 20 anni riusciva a disegnare un look come James, il cantante del suo gruppo preferito.
A 25 anni si è convinto di avere una bella barba, che gli permetteva di tenere il pizzo.
Era di moda.
A 35 anni ha capito: «Se sono nato con la barba vorrà dire che sono un uomo con la barba!»
L’equilibrio della maturità.

Ha resistito una settimana senza raderla, sembrava malato, o un criminale. Ma poi… ragazzi, che barba!
Il fardello è diventato un vanto, la giusta aggressività che mancava al suo volto, il necessario contorno ad uno sguardo profondo.
Era fitta, simmetrica, omogenea e nera.
Ora è fitta, simmetrica, omogenea, nera con striature argentee sul mento e sulle basette.
Barbanera ha scelto il suo stile: dalle guance al mento tra i 6 e i 12 millimetri, con la curiosità di andare oltre per lasciarle libertà di espressione in tutta la sua imponente abbondanza.
Sarebbe il momento buono, ora che va.

La barba...
La barba è una compagna che non ti lascia mai solo, un passatempo nei momenti di ozio, un antistress nei momenti di riflessione, uno scudo nei momenti di imbarazzo, un tocco di stile nei momenti più cool.
La barba precede e identifica.
È una parte di sé di cui prendersi cura: va lavata, asciugata, pettinata, profumata. In principio è una scelta di stile: può essere trascurata con effetto barbone, libera con effetto filosofo o curata con effetto maschione.
Per questo ci sono i giusti prodotti: spazzola per barba, shampoo per barba, balsamo per barba, olio per barba… la barba non è affatto cosa da pigri! E' un vezzo da apprezzare e coccolare. A proposito, per chi non lo sapesse, accarezzarsi la barba è come accarezzare una mascotte pelosa, ma con la curiosa duplicità di accarezzare e sentirsi accarezzati.

Interesserà sapere che a Barbanera piace la barba studiatamente selvaggia, accostata ad un abbigliamento e ad un portamento ordinato e curato.

In internet ci sono un bel po’ di foto e risorse sul mondo della barba, Barbanera consiglia di partire da qui: www.averelabarba.it


mercoledì 25 marzo 2015

Brutto e cattivo? Non lo voglio sapere.

Televisione e giornali sono diventati un mostruoso accumulatore di notizie e approfondimenti sulle peggiori vicende dell’essere umano. Si presentano storie terribili, genocidi, tagliagole, omicidi, suicidi, vittime picchiate o scomparse,.
Apro ora l’home page di un quotidiano locale: ci sono due fidanzati uccisi per vendetta, una bimba di 4 anni molestata dal padre, un’anziana signora alla quale sono state fratturate le dita per rubarle gli anelli, un conflitto a fuoco per rapina, una donna morta dopo un’operazione per dimagrire, un giostraio bastonato, una sedicenne costretta a prostituirsi a politici e imprenditori, due giovani uccisi da pirati della strada, un quindicenne suicida, la badante che raggira un anziano cieco, due missionarie uccise, un lavoratore ucciso dal titolare dell’azienda. E questa è solo cronaca. Non apro siti di approfondimento politico o economico perché non voglio farmi venire l’ansia proprio ora che me ne sono liberato.
Eppure queste sono le notizie che fanno crescere i click. Le trasmissioni che analizzano delitti e misfatti in prima serata sono quelle che tengono lo spettatore incollato allo schermo, che poi animano le discussioni al bar.
Mi chiedo perché.
Cosa c’è di tanto bello nell’infliggersi il male?
Ciò che vediamo e ciò che leggiamo sono stimoli che il nostro cervello acquisisce e trasforma in sensazioni ed emozioni. Dunque a che scopo acquisire stimoli negativi? Perché far proprie atrocità altrui  quando dovremmo invece tendere alla felicità? Non sarebbe più logico cercare buone notizie e parlare di cose belle?
Stessa cosa per le informazioni economiche, politiche e di geopolitica. La vita di tutti i giorni non ci dà già delle preoccupazioni? Il conto corrente sempre più magro, la bolletta che cresce, la scuola che non ha risorse… da comune cittadino sono cose che tocco e che mi preoccupano, perché dovrei anche conoscere le sfighe altrui?
La politica ruba risorse al paese. Lo so. Lo vedo. Non serve che io sappia quanto e chi.
Perché sapere mi fa stare peggio.
L’altro giorno mi han chiesto se ho visto il servizio delle Iene sull’Isis. No, non l’ho visto e non lo voglio vedere. Preferisco restare ignorante.
L’ignoranza mi protegge.
L’ignoranza protegge fintanto che gli argomenti non toccano da vicino, e fintanto che il singolo non può far niente per cambiare le cose, o fintanto che il singolo non decide di partecipare a movimenti collettivi.
Se dovesse toccarmi una tragedia allora affronterei tutto con la massima energia, se potessi risolvere il problema delle pensioni insufficienti allora studierei tutti i casi possibili, se avessi anche la minima possibilità di fermare il fanatismo religioso che degrada in violenza mi informerei e lo farei, se mi trovassi davanti un politico corrotto e potessi obbligarlo a restituire il maltolto lo farei. E così via.
Ma se tutto ciò è al di fuori delle mie possibilità d’azione perché devo interiorizzarlo?
Non si tratta di voler nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, semplicemente si tratta di selezionare gli stimoli esterni per salvaguardare quelli interni, di canalizzare le energie alla ricerca del benessere e della serenità.
Ovviamente la sensibilità è soggettiva.
Io preferisco non vedere i film horror perché mi fanno paura. La paura mi provoca brutte sensazioni, un senso di malessere. Già ho paura se mi capita di aver paura, perché dovrei cercare di aver paura guardando un film?
Non biasimo i produttori televisivi o i giornalisti, ma gli spettatori e i lettori. E’ una questione di domanda e offerta: se nessuno guardasse i film di paura che senso avrebbe produrli?
Insomma, proprio non capisco questa diffusa ricerca del brutto, del cattivo, del male.

E non trovo chi me la spiega.

martedì 10 marzo 2015

Compleanno in Facebook

«Oggi è il compleanno di LadyMart», notifica Facebook.
«Grazie Facebook, ma… chi cacchio è LadyMart?»
Vado a vedere, ah, si. Chi se la ricordava? Le ho dato l’amicizia qualche anno fa, ma non ho mai letto un suo post. Quand’eravamo all’asilo assieme non ho mai festeggiato il suo compleanno… e men che meno dopo.
Vediamo il suo Diario: “Tanti auguri @LadyMart, Auguri, tanti tanti auguri, A U G U R I ! ! !, Auguri! Buon compleanno!, auguri auguri…”
Scorro verso il basso, dopo un paio di pagine condivise e tre foto c’è un salto di un anno, LadyMart ha scritto: “Grazie a tutti per gli auguri”. E più sotto: “Auguri!, Tanti auguri!...”
Anche i miei amici, quelli che frequento il fine settimana le hanno mandato gli auguri, ma so per certo che con questa LadyMart non hanno niente a che fare. E allora, perché le mandano gli auguri? Per cortesia, immagino.
Si, in effetti, Facebook mi ha detto che compie gli anni, quindi farle gli auguri sarebbe normale cortesia.
Auguri indotti, quindi.
Non farglieli però è una presa di posizione.
Che dilemma.
Povera LadyMart, con il Diario pieno di falsi auguri!
E se non dovesse riceverne affatto? Che tristezza! Tutti i suoi duecentoepassa amici sapevano che compiva gli anni e nessuno le ha fatto gli auguri! LadyMart potrebbe iniziare a chiedersi se ha fatto qualcosa di male, o se è proprio così antipatica da non meritare nemmeno gli auguri di compleanno.

Facebook ha stravolto il senso degli auguri di compleanno.

Un tempo eri felice se ricevevi gli auguri: chi te li faceva si ricordava del tuo compleanno, o almeno il tuo compleanno meritava un posto in agenda.
Oggi sei tu, o meglio, è Facebook per te, a comunicare al mondo che è il tuo compleanno. Non saperlo non è più una giustificazione. E chi non ti fa gli auguri pur sapendolo? E' proprio stronzo! E chi fa gli auguri al tuo amico e non a te? Ancora più stronzo!

Per evitare ai miei contatti di sentirsi in dovere di scrivere “Auguri” nel mio Diario, ho impedito a Facebook di pubblicare il giorno del mio compleanno.
E nonostante ciò qualche telefonata, o sms, lo ricevo ancora! Caspita, ho ancora degli amici!
Per non fare differenze da un paio d’anni non faccio più gli auguri tramite Facebook. Mi spiace non dar soddisfazione a quelli per cui il numero di messaggi è misura di popolarità, spero non se la prendano a male gli amici ai quali non ho fatto gli auguri in Facebook.
E comprendo lo stupore di coloro che ricevono da me un antidiluviano sms, o, meglio ancora, una telefonata d’auguri.

«Oggi è il compleanno di LadyMart»
Ma è così distante da me che è molto improbabile che ci si incontri. Non ho neppure il suo nome in rubrica.
Non ci fosse stato Facebook, mannaggia, non mi sentirei nemmeno in colpa! 



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Cercando un'immagine per questo post finisco in questa pagina e convengo che, in effetti, Facebook ci sta cambiando la vita. 

martedì 6 gennaio 2015

Storiella

Ci sono 2 bambini, Ivan e Dario.
Dario è affamato. Lotta, si organizza, si impegna e conquista un quadrato di cioccolato che però non può condividere.
Anche Ivan inizia ad avere fame, vede il cioccolato di Dario e gli viene l’acquolina: lo vuole anche lui.
Si intravedono 2 scenari:
scenario 1: Ivan ammira la capacità di Dario, lotta e si impegna per avere anche lui un quadrato di cioccolato;
scenario 2: Ivan invidia la conquista di Dario, pensa: “Se non ce l’ho io non deve averlo neanche lui” e fa di tutto affinché Dario perda il suo cioccolato.



Lo scenario migliore naturalmente è il primo, dove entrambi puntano al cioccolato, ognuno si gode il suo quadrato sapendo che anche l’altro è soddisfatto.
Trasponendo la storiella nella realtà, però, ci si trova spesso nel secondo scenario.


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Con l'occasione, a tutti l'augurio di trovare un pezzo di cioccolato nella calza della befana!

immagine da siviaggia.it


domenica 4 gennaio 2015

Bellezza e amore. Un'immagine.

Mi piace la pizza. Un’ottima parentesi tra il capodanno e l’epifania. Strappo una fetta, la piego con le mani per farne un gran morso, ma resta sospesa tra il tavolo e la bocca mentre l’immagine della donna che ho di fronte interrompe qualche connessione tra i miei neuroni.
La guardo come se fosse altro da me. E questo è impossibile perché in realtà non saprei definire i confini del mio essere senza di lei. Quindi sono entrato in uno di quegli istanti che mi rubano il tempo.
Vedo esattamente l’immagine che potrei usare per definire bellezza e amore: l’ovale equilibrato, la linea asciutta della mandibola, gli occhi color nocciola, grandi e segnati da un filo di matita nera, i capelli lisci, lunghi e castani, le labbra piene che nascondono incisivi candidi e perfettamente allineati. Un po’ grandi, a dirla tutta. Due piccoli orecchini che contendono una vanità discreta alla catenina che le scende sul petto e ai numerosi braccialetti di filo colorato e cuoio che le adornano i polsi, come un’adolescente - anche se ha pienamente passato i trent’anni e non si direbbe - . Smalto rosso impreziosisce le unghie che spiccano sulle dita affusolate, agenti di mani nervose, ma salde e decise, come è lei. Non c’è alcun anello, neppure la fede che le infilai al dito. C’è stata solo qualche giorno, poi l’ha custodita altrove, quasi a dire che non serve un cerchietto di metallo a dimostrare il suo amore.
Amore, si, credo si tratti di amore. Era passione, ora si sta trasformando in amore. O almeno penso si dica così.
Il tempo che passa, il lavoro che ci ruba il tempo, le vacanze che ci rendono felici, i figli che trasformano il lettone da rifugio passionale a capanna di coccole, la quotidianità che riempie pranzi e cene, la condivisione di tanti momenti che sincronizza il ritmo delle nostre esistenze.
Tutto ciò arricchisce questo flusso di vita e trasforma la ragazza che cercavo continuamente nella donna a cui probabilmente non riuscirei a rinunciare. Sarebbe come amputarsi un pezzo di anima.
È questo l’amore? Io non lo so. Però so che è una cosa bella.
Ora che è accaduto questo nel mio cervello, una forza mi sale dal ventre e mi dice che, se non fosse già mia moglie, questa sarebbe proprio la donna che corteggerei.
La mia immagine di bellezza e amore.
Vorrei abbracciarla, ma la mia mano continua il viaggio tra la tavola e la bocca.
«Cosa c’è?» mi chiede. La domanda mi scuote e ristabilisce le connessioni neuronali.
«Niente» mi affretto a rispondere con mezzo sorriso. E la pizza mi riempie la bocca.
«Lo sai che papà a volte si incanta!!» Eccola: la voce di bambina che mi riporta definitivamente al tempo giusto.
E quattro risate si incrociano sopra al tavolo.